Capitolo 6

13/02/2020 TortugaEcon

E se l'università non fosse tutto?

Importanti caveat nell'analisi della popolazione universitaria nei Paesi sviluppati

Figura 1 - Percentuale % di popolazione tra i 25 e 34 anni un titolo di educazione terziaria nel 2018: Source OECD

Popolazione Laureata


Figura 2 – Variazione Percentuale % di popolazione tra i 25 e 34 anni un titolo di educazione terziaria tra 2008 e 2018: Source OECD

Percentuale Laureata OCSE

I due grafici mostrano in maniera chiara la posizione dell’Italia rispetto agli altri paesi OCSE rispetto alla percentuale di laureati (“tertiary” o “higher education”) della popolazione tra i 25 e i 34 anni di età. L’Italia è dietro tutti i grossi paesi europei (Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna). Il secondo grafico mostra come la percentuale di laureati stia salendo per la fascia di età indagata ma con un tasso di crescita simile a quello degli altri paesi nonostante la posizione di svantaggio. Non sembra il numero di laureati italiani possa raggiungere presto il numero dei nostri parenti europei a meno di un cambio di marcia.

(C. Holmes 2013), Has the expansion of higher education led to greater economic growth?

https://ora.ox.ac.uk/objects/uuid:f6531b5b-8c72-4b6a-b726-9554327be28d

(E. Hanushek 2016), Will more higher education improve economic growth?
http://hanushek.stanford.edu/publications/will-more-higher-education-improve-economic-growth

Far crescere il numero di persone con un livello di educazione terziaria sembra essere una buona idea visto il paragone con gli altri paesi. Al contempo però non bisogna credere che ogni laureato in più sia automaticamente benefico per l’economia dell’intero paese. In particolare diversi studi mostrano come la relazione tra laureati e crescita economica sia causale e forte per i paesi in via di sviluppo, ma molto più confusa per i paesi sviluppati. Lavori come Holmes 2013 e Hanushek 2016 suggeriscono che ciò che guidi la crescita siano le “competenze” (skills in inglese), più che il titolo di studio dei laureati, ed in particolare le competenze tecnologiche legate a discipline STEM. Nel sopracitato lavoro, Holmes mostra come ad un aumento del numero di laureati in un paese la crescita aumenti esclusivamente per via del maggior numero di laureati tecnici, impiegati in settori tecnologici ad alta produttività ed innovazione. Se un aumento indiscriminato del numero di laureati produca effettivamente un aumento della crescita è ancora da chiarire.

La teoria che i lavoratori laureati siano in ogni caso più produttivi dei lavoratori non laureati non presenta un’evidenza empirica convincente. Molto infatti dipende anche dall’interazione tra nuova forza lavoro, i laureati, e il mercato del lavoro che li assorbirà, ovvero i lavori - problema che abbiamo analizzato nel Capitolo 7 del libro. Come è facile immaginare, migliori competenze non verranno valorizzate per lavori dove non sono richieste, dilapidando così il potenziale del capitale umano.

In conclusione, se l’obiettivo è la crescita di un Paese, investire pesantemente nell’educazione terziaria della proprio forza lavoro potrebbe essere uno spreco di risorse, se non si trascurano le competenze utili all’innovazione e non si sistema il mercato del lavoro.

Università