Capitolo 5
I numeri che nessuno sa di 18App
18App, la piattaforma che consente l’utilizzo del bonus cultura di 500€ a tutti i neo-diciottenni, rappresenta potenzialmente una grande miniera di dati. Gli utenti, infatti, devono passare attraverso la piattaforma per generare i buoni che poi possono essere spesi presso gli esercenti aderenti al progetto. Questi dati potrebbero essere molto utili per monitorare il comportamento degli utilizzatori del bonus e per valutare l’impatto di questa politica pubblica (che, ricordiamo, assorbe risorse per circa 200 milioni di euro l’anno). Eppure, come abbiamo raccontato nel libro Ci pensiamo noi, da un lato il Ministero dei Beni Culturali non sembra aver predisposto un’opera sistematica di raccolta dati. Dall’altro lato, anche i dati che vengono raccolti vengono elaborati molto blandamente, per poi essere dati in pasto ai media senza alcuna analisi approfondita. Noi di Tortuga siamo invece convinti che valutare attentamente nei numeri i risultati di una politica pubblica sia una operazione fondamentale, perché consente di capire se i soldi dei contribuenti sono stati spesi bene o male e, soprattutto, permette di individuare quali aree necessitano di un intervento di miglioramento. Qui abbiamo provato a elaborare a livello descrittivo alcuni dati ottenuti dal MIBACT, che riguardano l’utilizzo di 18App da parte dei nati nel 1998.
Take up e provenienza
Mappa 1 - Elaborazione Tortuga su dati MIBACT e ISTAT
Uno dei problemi riscontrati nella prima edizione di 18App è stato il take-up sotto le aspettative. Quando si parla di take-up ci si riferisce al numero di utenti che fa effettivamente uso di una certa politica pubblica rispetto al totale dei soggetti a cui la misura è potenzialmente rivolta. È possibile costruire una stima realistica di questo indicatore partendo da due dati a nostra disposizione: da un lato, il numero di utenti registrati su 18App nati in una determinata provincia, fornito dal MIBACT; dall’altro, il numero di diciottenni totali residenti in quelle province nel 2016, reperibile dal sito dell’ISTAT. Considerando che requisito di accesso al bonus era l'essere residenti sul territorio nazionale, l’unico margine di errore che potrebbe invalidare questa stima sarebbe un elevato numero di utenti di 18app con residenza in una provincia diversa da quella di nascita all’età di 18 anni. Ci sono però tre fatti che ci convincono della portata trascurabile di questo problema. Primo, sebbene alcuni casi possano sicuramente essere presenti, è comunque realistico pensare che la mobilità inter-provinciale dei giovani sul territorio prima della maggiore età sia un fenomeno piuttosto limitato. Secondo, il fatto di comparare grandezze sull’ordine delle diverse migliaia di unità ci rassicura sull’impatto relativamente marginale di un numero esiguo di spostamenti. Terzo, le stime sono di tale entità che anche dei piccoli errori sarebbero irrilevanti al fine di tracciare un andamento generale. Andiamo quindi ai numeri. Nel caso di 18App, per i nati nel 1998 il take-up totale si è fermato al 61.5%. Come accennato, questa cifra nasconde però una forte varietà sul territorio nazionale. Comparando questo indicatore a livello provinciale, ne emerge infatti un quadro estremamente disomogeneo: province come Rieti, dove il take-up si è fermato al 30%, convivono con altre, come Bari o Catanzaro, dove questo indice raggiunge il 75%. È interessante notare inoltre che a un primo sguardo questa variabilità non sembra legata alle tipiche divisioni geografiche che spesso caratterizzano il nostro Paese, come il divario Nord-Sud o quello fra aree più o meno urbanizzate. Se si va infatti a raggruppare questo indicatore per macro-aree, si nota immediatamente che molta della sua volatilità viene persa e il quadro che ne emerge risulta molto più omogeneo. In media, il take-up è stato solo leggermente superiore nelle regioni del Sud (62%), mentre a Nord-Ovest, Nord-Est, Centro e sulle Isole risulta più uniforme, spaziando approssimativamente fra 50 e 55%.
L’andamento e la consistenza della spesa
Ancora più interessante è vedere come si sono comportati i nati nel 1998 dal punto di vista della spesa.
Figura 1 - Elaborazione Tortuga su dati MIBACT
Nel primo grafico possiamo vedere l’andamento del numero di buoni generati ogni giorni. In media ogni giorno sono stati generati circa 10700 buoni, con un picco di 64880 il 29 dicembre. Nel secondo grafico invece osserviamo l’andamento della spesa complessiva giornaliera, ovvero la somma del valore di tutti i buoni generati in un determinato giorno. I nati nel 1998 hanno avuto modo di spendere il bonus dal novembre 2016 fino al dicembre 2017. Nel corso dell’anno la spesa giornaliera si è mantenuta intorno circa ai 380.000 euro. Il primo picco, con una spesa giornaliera che arriva fino a circa 1 milione di euro, si registra intorno a ottobre 2017. Questo periodo coincide con l’inizio del periodo di corsi universitari e dunque la crescita potrebbe essere spiegata dall’acquisto di libri di testo ad uso scolastico/accademico. Il secondo picco, assai più evidente, si registra nell’ultimo periodo dell’anno. Tra il 15 e il 31 dicembre del 2017 sono stati spesi circa 22 milioni e mezzo di euro, pari al 14% del totale dei soldi spesi. Questa è probabilmente la prima grande distorsione dovuta al modo in cui il bonus è concepito. Come abbiamo argomentato nel quinto capitolo di Ci pensiamo noi, la finestra temporale in cui è possibile spendere i 500€ è troppo breve e si finisce a spendere tutti i soldi all’ultimo minuto (per evitare di perderli) probabilmente con poco criterio. Sarebbe quindi più sensato allungare l’arco temporale della misura.
Figura 2 - Elaborazione Tortuga su dati MIBACT
Il secondo grafico mostra invece l’ammontare che è stato effettivamente speso dagli utenti di 18app sul totale dei 500 euro disponibili. Da questo punto di vista, questo sussidio può considerarsi più riuscito. Se da un lato infatti il take-up è risultato piuttosto deludente, dall’altro i diciottenni che hanno avuto accesso a questo bonus lo hanno sfruttato quasi sempre per intero. I numeri sono molto chiari: oltre il 75% degli utenti ha speso una cifra superiore o uguale a 475 euro, il 60% addirittura 490 euro, mentre la percentuale di coloro i quali hanno utilizzato un importo minore o uguale a 400 euro è di appena l’11%.
Figura 3 - Elaborazione Tortuga su dati MIBACT
Nella terza figura invece possiamo osservare l’andamento dell’importo medio giornaliero dei buoni generati. Il valore medio dei buoni generati in ciascun giorno si mantiene più o meno stabile intorno ai 18 euro.
Sul fronte dell’entità dei buoni spesi è da segnalare una seconda distorsione, assai più grave della prima. Nel dataset infatti risultano ben 10.114 buoni generati dal valore di 500 euro, per un totale quindi di circa 5 milioni di euro statali fruiti. Ora, è assai improbabile che gli utenti avessero bisogno di acquistare un bene culturale del valore di 500 euro. Più probabile è che questi buoni, come ci hanno raccontato alcuni casi di cronaca, siano stati utilizzati per ricevere denaro contante da rivenditori conniventi: una grave, triste e, soprattutto, illegale distorsione di questa politica pubblica. Ad avvalorare quest’ipotesi vi sono alcune altre anomalie che emergono dai dati. Innanzitutto, la distribuzione di questi buoni per ambito di spesa non riflette affatto quelle della totalità dei buoni: circa il 99% dei voucher da 500 euro è registrato alla voce “libri”, mentre questa percentuale non arriva che all’82% considerando i voucher di qualsiasi importo. Ciò non sorprende. È infatti molto verosimile che questo tipo di frode risulti più facile per negozi di dimensioni relativamente ridotte, come librerie e cartolerie, piuttosto che per cinema, musei o teatri. A livello geografico poi, si nota che se circa il 75% della totalità dei buoni è stato speso presso aziende con sede legale nelle province di Milano o Roma (cosa che non stupisce, considerando che diverse grandi piattaforme di e-commerce hanno lì i loro quartier generali), restringendo l’analisi ai soli buoni dal valore di 500 euro questa percentuale viene totalmente stravolta. Nelle due province appena menzionate non viene speso che il 3% di questo tipo di buoni, mentre le province di Napoli, Lecce e Crotone sono quelle che registrano le percentuali più alte, valendo da sole oltre il 65%. Questi risultati suggeriscono un’ulteriore analisi. È infatti ipotizzabile che laddove esistano negozianti disposti a trasformare in denaro contante buoni 18app da 500 euro, ciò possa riguardare anche buoni di minore entità. Concentriamo quindi la nostra analisi su un sottoinsieme di buoni che sembra essere realisticamente più a rischio di questo tipo di frode, ovvero quelli di grosso taglio a cifra tonda. Considerando soltanto i voucher fra i 100 e i 500 euro multipli di 50 (100, 150, 200...), i dati confermano ancora una volta l’ipotesi iniziale: se questi buoni rappresentano solo lo 0,7% del totale di quelli generati tramite 18app, nelle province sopra individuate essi costituiscono percentuali ben più elevate. In particolare, in provincia di Napoli l’11% dei buoni spesi appartiene a questo tipo, mentre per le province di Lecce e Crotone questo indice raggiunge addirittura il 13% e il 20% rispettivamente. A fronte di questi risultati, una risposta adeguata potrebbe essere quella attivare dei controlli sugli utenti che presentano profili di spesa così distorti e allo stesso tempo porre un tetto massimo al valore di ciascun buono.
Gli acquisti
Dopo aver analizzato quanto e quando hanno speso i nati nel ’98, i dati offerti dal Ministero permettono di capire anche come sono stati spesi i soldi.
Figura 4 - Elaborazione Tortuga su dati MIBACT
La parte del leone la fanno i libri, per cui sono stati spesi 133 milioni di euro, ovvero l’82% del totale. Al secondo posto invece i concerti (14 milioni di euro, corrispondenti al 8,8% del totale). Seguono in maniera residuale concerti, teatro, musei e eventi culturali. Interessante è anche l’andamento nel tempo del peso di ciascun ambito di spesa.
Figura 5 - Elaborazione Tortuga su dati MIBACT
Figura 6 - Elaborazione Tortuga su dati MIBACT
Figura 7 - Elaborazione Tortuga su dati MIBACT
Come si può vedere nei grafici, la spesa per libri rimane più o meno intorno all’80% per tutto il periodo di riferimento, corrispondenti a circa 310.000 euro. Il picco (oltre il 90% della spesa) viene raggiunto proprio nel periodo di settembre-ottobre, rafforzando l’ipotesi di un acquisto di libri scolastico-universitari. Invece, il picco della spesa giornaliera per cinema (che si aggira in media intorno all’8%) si raggiunge il 15 aprile, quando arriva al 36,82% della spesa giornaliera aggregata. Interessante il fatto che sia probabilmente da imputarsi all’uscita di Fast and Furious 8, il 13 aprile 2017 e che fosse durante il weekend di Pasqua. Infine, la spesa giornaliera per concerti si è attestata mediamente al 10% di quella totale, con un picco del 25% il 16 giugno 2017.
Conclusioni
L’analisi dei dati disponibili permette di capire con maggiore precisione come si sono comportati i diciottenni messi di fronte alla possibilità di usufruire di un bonus di 500€ da spendere in beni culturali. L’analisi potrebbe essere ripetuta anche sulle coorti del 1999 e del 2000, che hanno già usufruito pienamente del bonus, per vedere se tali comportamenti sono cambiati da coorte a coorte. Come abbiamo argomentato nel capitolo “Seminare cultura” però, ciò che manca davvero sono dato sul comportamento degli utenti prima e dopo la finestra temporale del bonus, che sono fondamentali per indagare se e in che misura il voucher abbia modificato le preferenze culturali degli utenti. Da questo punto di vista auspichiamo che il MIBACT provveda quanto prima a introdurre un più preciso sistema di monitoraggio.