Capitolo 7

13/02/2020 TortugaEcon

Il supporto alle policy dal Rettore dell'Università di Trento

Intervista al Dott. Paolo Collini, Rettore dell’Università degli Studi di Trento

Il Rettore dell’Università degli Studi di Trento - Dott. Paolo Collini - si è reso disponibile per un'intervista sul tema del mismatch di competenze, che spesso complica l’accesso al mondo del lavoro ai giovani. L’intervista telefonica, condotta il 31/07/2019, si focalizza sulle proposte di policy per affrontare toccate nel capitolo, preceduta da una breve analisi sulla condizione del mercato del lavoro italiano, con particolare attenzione ai giovani.

Problemi 

Secondo il dott. Collini, due sono i principali problemi che caratterizzano il mercato del lavoro italiano per i giovani. 

In primo luogo, la nostra pensiola presenta un mercato del lavoro poco premiante in comparazione a paesi esteri. Infatti, mediamente le remunerazioni iniziali sono più basse rispetto ad altri paesi europei, comportando un incentivo all’emigrazione per ragioni di lavoro. Secondo un’indagine Willis Tower Watson, nel 2016 l’Italia presentava la remunerazione d’ingresso media più bassa d’Europa.  

In secondo luogo, in Italia vi è una scarsa differenza retributiva tra laureati e diplomati che rende meno incentivante il completamento degli studi. Secondo l’University Report di Spring Professional, la differenza media della retribuzione lorda tra laureati e diplomati in Italia è di 11.900 euro nel 2018. Non solo questi valori sono inferiori rispetto ad altri paesi europei, ma nei primi anni di impiego la crescita è più lenta rispetto ai vicini Germania e Francia. Se in Italia a due anni dall’assunzione lo stipendio cresce di circa il 10%, in Germania e Francia si arriva al 20%.  

Inoltre, secondo il dott. Collini l’Italia presenta un mercato poco premiante per le eccellenze. Le imprese ricercano talenti senza offrire condizioni differenzianti rispetto a studenti nella media.

Cause 

Secondo il dott. Collini le cause di queste problematiche vanno ricercate nel passato. Innanzitutto, questo è il frutto di un mercato del lavoro statico, dove il soggetto avanzava all’interno della medesima impresa per gran parte della propria carriera e dove le differenze in termini retributivi e professionali emergevano nel lungo periodo. Oggi questo paradigma è indebolito dalla mobilità e dinamicità richiesta da nuovi settori, come quello tecnologico.  

Inoltre, il tessuto imprenditoriale italiano è caratterizzato da una preponderanza di piccole e medie imprese dove le possibilità di carriera per giovani assunti sono spesso condizionate dalla mobilità del personale in uscita all’interno della medesima impresa. Insomma, chi entra deve attendere che qualche superiore vada in pensione per poter sperare di progredire. 

Una frattura 

Il cambiamento tecnologico e fenomeni demografici quali la bassa natalità e l’aumento della speranza di vita hanno comportato la necessità di rendere maggiormente dinamico e flessibile il mercato del lavoro. Ciò è stato però operato - secondo il Rettore - provocando una forte differenziazione nelle forme contrattuali con una netta divisione tra chi ha alte garanzie sociali e chi ne è sprovvisto, il cosiddetto mercato duale diviso tra contratto a tutele crescenti indeterminanto o contratto a tempo determinato. 

Questa transizione è però avvenuta assicurando le medesime garanzie per chi era già parte del mondo del lavoro, mentre ha richiesto un sacrificio dal punto di vista delle sicurezze sociali per soggetti entranti nel mondo del lavoro (i giovani), che trovano condizioni peggiori di quelle che ci sarebbero se tutti venissero trattati nello stesso modo. Pertanto, le conseguenze di questa frattura hanno profondi risvolti sociali, con una forte penalizzazione per i giovani. Un esempio: durante la crisi del 2008, la disoccupazione è cresciuta più che proporzionalmente tra i giovani rispetto a soggetti più anziani, come osservabile dalla tabella 1.

Tassi di disoccupazione per fascia d’età - Istat 

 

2007 

2008 

2009 

2010 

2011 

2012 

25-34 anni 

8.3 

8.9 

10.6 

11.9 

11.7 

14.9 

35-44 anni 

4.6 

5.4 

6.2 

6.5 

6.7 

8.6

Conseguenze 

La situazione delineata comporta, secondo il dott. Collini, due principali conseguenze. In primis, il diffondersi di uno scoraggiamento tra i giovani che pensano che l’investimento in istruzione non paghi. Ciò aiuta a spiegare la bassa percentuale di laureati, così come gli altissimi livelli di Neet, come discusso nel libro.  

Inoltre, coloro che restano fuori dal mercato del lavoro per un periodo hanno grosse difficoltà a rientrare.

Policy  

1. Informazione 

Riguardo la prima proposta di policy, ossia la costruzione di una piattaforma che raccolga informazioni essenziali per ogni profilo professionale, il Rettore approva il progetto in quanto l’informazione è il canale corretto per gestire il tema dell’offerta di lavoro. La decentralizzazione delle scelte collettive - come la ripartizione dei giovani per professioni -  fondata sulla libertà di scelta individuale può garantire outcome migliori di scelte centralizzate, viste le difficoltà previsionali e il continuo cambiamento tecnologico che ha profonde implicazioni sulla formazione e sul mondo del lavoro. Secondo il dott. Collini occorre un’analisi di scenario, non relegandosi all’informazione sul passato. Occorre quindi focalizzarsi sull’evoluzione del mercato e delle competenze richieste in modo tale da permettere agli enti formativi di evolversi in accordo alle tendenze.

2. Mobilità  

Un secondo aspetto fondamentale per fornire compiutamente libertà di scelta ai giovani è la mobilità, intesa dal Rettore quale “condizione essenziale per poter scegliere”.   

In particolare, il problema delle basse retribuzioni in ingresso rappresenta un ostacolo anche per la mobilità, in quanto impedisce ai giovani di disporre dei mezzi finanziari necessari ad accettare proposte di lavoro in centri urbani con alto costo della vita (vedi molte città al Nord come Milano, Bologna) essendo indipendenti dall’aiuto del nucleo famigliare.  

Riguardo la policy dei prestiti - la previsione di una dotazione iniziale per sostenere gli alti costi di trasferimento all’interno della penisola - il dott. Collini sostiene che il tema è centrale, sebbene in Italia vi sia una forte resistenza culturale al tema del prestito per l’istruzione. Infatti, un meccanismo di prestiti in un Paese con basse remunerazioni e scarsa propensione all’indebitamento personale può introdurre un rischio aggiuntivo. Per esempio, l’introduzione dei “Prestiti d’onore” per studenti meritevoli già previsto nel 1991 sembra aver riscosso scarso successo.

3. Specializzazione 

Infine, per quanto concerne il tema della formazione specialistica, il sistema della formazione in impresa in Italia presenta scarsa dinamicità, caratterizzandosi per una rigida ripartizione dei tempi tra banchi di scuola e solo successivamente l’ingresso in impresa. Ciò favorisce l’uso improprio dello stage o dei contratti di tirocinio vengono quali contratti di lavoro a basso costo, minando alla radice l’intento formativo.

Riguardo la proposta inerente all’adozione di un modello di tirocinio duale con una maggiore dinamicità e periodi più brevi intervallati tra istruzione e formazione sul campo, il dott. Collini concorda sull’utilità della misura, sebbene evidenzi - vista l’esperienza universitaria accumulata - una lacuna. Spesso infatti soggetti con alta formazione (come laureandi magistrali) inseriti in percorsi di formazione in impresa non fanno ritorno sui banchi di scuola, cogliendo l’opportunità di ingresso nel mondo del lavoro offerta dall’alternanza.  

Ciononostante, periodi di addestramento per acquisire competenze tecniche e applicative che l’università non può dare sono fondamentali per permettere ai giovani di specializzarsi sul campo. Occorre però assicurarsi che i contenuti (il syllabus) sia precedentemente definito con le imprese interessate, al fine di poter individuare professori e partner competenti, così come la gestione amministrativa del programma. Secondo il dott. Collini emerge qui un problema in quanto spesso sono le stesse imprese partner a non riuscire indicare le competenze specifiche richieste, sebbene questa problematica vari molto in base alla professione. Infatti, questa vaghezza è minore in discipline tecniche come ingegneria, o nei liberi professionisti come avvocati o commercialisti. La chiave dunque è la sinergia tra università e imprese partner. Spesso le università si rivolgono alle associazioni di categoria per decisioni di questo tipo che talvolta non sono rappresentative delle necessità concrete delle imprese. Un cane che si morde la coda.  

Viste le problematiche, il dott. Collini approva l’idea dell’inserimento di periodi di addestramento all’interno del syllabus di lauree triennali di circa 3 mesi per ogni anno accademico. Periodo che potrebbe inserirsi tra fine aprile e luglio, anticipando la chiusura del semestre.

Paolo Collini